IL RAGAZZO MORTO E LE COMETE

di Goffredo Parise
Livello 4
Genere
Online Prosa

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Crediti

Lettura scenica di Alessandro Sanmartin

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Nel 1951, a soli vent'anni, Goffredo Parise propone all'editore Neri Pozza il romanzo più poetico, macabro, surrealista e spiazzante del dopoguerra italiano; un temerario racconto «lirico e cubista (cioè romantico)», irto di «fratture narrative, di tempo e luogo», sull'amicizia tra due ragazzi. Scritto con l'esplosiva urgenza di chi «vede la vita a batticuore», Il ragazzo morto e le comete nulla ha da spartire con la letteratura allora dominante. Ed è naturalmente un insuccesso. Parise ci fa entrare in un mondo di confine, in una storia notturna dove vita e morte si confondono e la scrittura può scorrere liquida, con un linguaggio poetico, vibrante e carico di intensità. Ne esce un romanzo dallo stile cinematografico, vitale e colmo di rimandi all'energia dell'amicizia, all'adolescenza e ai suoi fremiti. Un viaggio nel rapporto tra la morte e la vita, che finisce per turbarci profondamente e lasciarci a bocca aperta. Molto c'è di inattendibile, o forse è il nostro concetto di realtà ad essere difettoso. Il protagonista esiste e non esiste allo stesso tempo; non ha un nome, è un'idea, un'invenzione, un punto di oscurità intorno al quale si svolgono e avvolgono le vicende degli altri personaggi. È un romanzo che continua ad interrogarci attraverso riflessioni meravigliose sulla morte, la guerra, la gioventù, l'amicizia, l'amore. Leggere oggi Il ragazzo morto e le comete ci mette di fronte alla densità e alla poesia dei grandi scrittori del Novecento, con la carica rivoluzionaria e ambigua di certi autori americani contemporanei. A settant'anni di distanza, questo libro resta un esempio di avanguardia, di postmoderno: a metà tra il Neorealismo e Fellini, tra Guadagnino e Garrone. Ma l'urgenza assoluta che ci coglie, è il grido di una gioventù spezzata, di una generazione tra le macerie, senza ambizioni, di cui la morte e la solitudine sembrano gli unici destini, se non per quell'amicizia, che sola conosce il nostro nome. “(...) Dio era una cometa apparsa nel cielo, bellissima e misteriosa, la più bella di tutte le comete; ma come tutte anch’essa aveva compiuto il suo giro, ci aveva illusi e si era spenta come una pietra, nel buio. (...)”